Pasqua: u lavurellu

lavurellu1Lavurellu

Per fare il lavurellu bisogna seminare grano (o, in alternativa, oggi a Pietrapaola si usano anche i ceci) in un vaso circa un mese prima della Pasqua. Si tiene il contenitore al buio per tutto il tempo (sotto la quarara, secondo l’uso antico), perché la piantina non rinverda. I chicchi germogliano ma, mancando la funzione clorofilliana, assumono un caratteristico colore giallognolo. Una volta spuntato, il lavurellu viene usato per adornare la chiesa il Giovedì santo.

Altare e lavurelli

L’uso del lavurellu è probabilmente di origine orientale e pagano. Secondo alcuni fa riferimento al mito sumerico di Dumuzi, un dio legato alla vegetazione che passava metà dell’anno negli inferi e per l’altra metà risaliva alla luce. Nella mitologia greca lo stesso destino era toccato ad Adone, un altro dio legato alla vegetazione. Amato da Afrodite e ucciso da Ares per gelosia, era stato graziato da Zeus e perciò poteva ritornare per quattro mesi all’anno sulla terra. Nell’antichità, il culto di Adone era legato a riti primaverili di rinascita e fertilità, durante i quali venivano allestiti i “giardini di Adone”: piante simili agli odierni lavurelli con cui si adornava l’immagine del dio.
Il nome lavurellu ci riporta etimologicamente al lavoro e ai cicli di una società contadina.
Oltre che in Italia, la tradizione di far germoglare il grano in occasione della Pasqua si è mantenuta in alcune città greche, e in area curdo-iraniana per le celebrazioni del Newroz, in primavera.